Teorico del femminismo, Marston, come asserì poco prima della sua morte, avvenuta nel 1947, creò il mito di Wonder Woman per dare un simbolo alle donne, un modello che fosse in grado di portare avanti con forza le loro idee ed il loro mondo:

« Il miglior rimedio per rivalorizzare le qualità delle donne è creare un personaggio femminile con tutta la forza di Superman ed in più il fascino di una donna brava e bella. »

(William Moultom Marston)

Il suo esordio e la sua carriera sono, poi, uniche ed incredibili soprattutto perché la maggior parte degli eroi dei fumetti e dei pulp magazine di quel periodo erano incentrati intorno alla figura di un maschio forte ed avventuroso, pronto a salvare la fanciulla di turno e a mostrare muscoli e cervello fuori della norma. In maniera abbastanza incredibile Wonder Woman divenne, ben presto, la protagonista di ben quattro testate: una a sé intitolata, Wonder Woman, che esordì nell’estate del 1942, quindi sul già citato All Star Comics e su Sensation Comics, dove venivano pubblicate principalmente le avventure della Justice Society of America, nei cui ranghi era entrata nel corso del n. 12 di ASC; e infine sulle pagine di Comics Cavalcade, pubblicazione trimestrale dove era possibile leggere anche le avventure di Flash e Lanterna Verde.Ammantata dei colori della bandiera statunitense, il personaggio fa il suo esordio sul n.8 di All Star Comics (1941), per poi diventare uno dei personaggi più inarrestabili di tutta l’editoria a fumetti di genere supereroico.

Il personaggio supera la crisi che negli anni cinquanta colpisce l’industria dei comics a causa della ben nota crociata del dr. Wertham (Seduction of the Innocent, 1954) che accusa i fumetti di minare l’integrità morale dei giovani lettori. In particolare Wonder Woman, con i suoi vestiti ed i suoi modi disinibiti, era ritenuto un pessimo esempio per le fanciulle del paese e le situazioni sull’Isola Paradiso al limite dell’omosessualità. La creazione di severe regole da parte della Comics Code Authority, unite al fatto che già dal 1947 Marston era morto lasciando le redini della serie ad altri scrittori più tradizionali, causò una involuzione qualitativa e l’abbandono del femminismo convinto. È di questi oscuri decenni la creazione di Wonder Girl, dell’aereo invisibile e di altre situazioni assurde o romantiche che si allontanarono dallo spirito originario del personaggio.

A partire dal 1968 gli autori Mike Sekowsky, Dennis O’Neil e Dick Giordano rivitalizzarono la serie cambiando radicalmente lo status del personaggio che alla fine degli anni sessanta risultava totalmente anacronistico. Wonder Woman perde tutti i suoi poteri, abbandona il costume tradizionale ed assume l’identità di Diana Prince. Grazie all’aiuto di un nuovo personaggio, I Ching, si addestra nelle arti marziali e affronta tutta una serie di avventure che, pur in uno stile totalmente diverso, ritrovano l’antico spirito del personaggio. L’esperimento avrà successo e la serie di Wonder Woman sfugge ancora una volta alla chiusura, ma durerà fino al 1973 quando i poteri e il costume saranno ripristinati e le storie riprenderanno quelle della Golden Age, riscritte e ridisegnate.

Cambiamenti, però, arriveranno nuovamente: con il n.329 di Wonder Woman del 1986, il matrimonio con Steve Trevor chiudeva l’era di Diana Prince per aprire quella della principessa Diana.

Dopo Crisi sulle Terre infinite, infatti, la serie ricominciò dal numero 1 la pubblicazione delle avventure di Wonder Woman, che venne affidata a George Pérez, il quale prese al volo l’occasione per rivoluzionare non poco il personaggio, legandolo sempre più alla sua tradizione greca. Questo arco di storie (una sessantina o poco più) sono probabilmente le migliori mai realizzate sul personaggio, grazie alle quali Perez dimostrò tutta la sua bravura non solo come disegnatore, ma anche come narratore.

Nel luglio 2010, in occasione dell’uscita del seicentesimo numero della sua serie, DC Comics ha rinnovato il costume dell’eroina, ad opera di Jim Lee, con un paio di pantaloni neri attillati, un corsetto rosso e una giacca blu.

 E fin qui abbiamo sentito la versione dei fatti pubblicata su WIKIPEDIA alla voce WONDER_WOMAN.

Ma siamo proprio sicuri di condividerla? O ne esistono altre (di versioni) che magari un po’ divergono e che propongono un’altra lettura dei fatti. mi riferisco a quella di Franco Fossati apparsa sul n. 11 di ROBOT , rivista di fantacienza, nel febbraio del ’77 (Armenia Editore).

Fossati nelle ultime righe di WONDERWOMAN, L’AMAZZONE (così titotoala il suo approfondimento) riferendosi al personaggio del fumetto, scrisse: “Dopo un successo che durò ininterrottamente per parecchi anni, la sua popolarità cominciò a decadere, un po’ per il mutare dei gusti e un po’ per l’abbandono di Peters che aveva contribuito non poco, col suo disegno, al successo. Dopo aver vivacchiato per alcuni anni gli editori decisero di <<modernizzarla>>, ma senza riuscire ad interessare ancora i lettori.  Si cercò di imitare lo stile delle prime storie. Ma il nuovo insuccesso convinse gli editori a mutare completamente il personaggio: persi gli ultrapoteri ed eliminata la particolare atmosfera che caratterizzava le sue avventure, Wonder Women è stata molto modernizzata sino a non avere più alcun riferimento col modello originale ed è effettivamente caduta nel dimenticatoio”.

Sarà ma la versione pubblicata su ROBOT mi sembra più verosimile. Con tutti i rispetti alla libera enciclopedia della rete.

Lo scritto di Franco Fossati è reperibile QUI

Una risposta »

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